Il bosco, luogo misterioso e affascinante, nel
corso della storia ricoprì un ruolo importante nella vita dell’ uomo,e a
seconda del periodo storico fu concepito in maniera differente.
Ritornando alle origini il bosco, fu un elemento essenziale per la
sopravvivenza dell’ uomo primitivo. Qui egli trovava non solo un rifugio, ma
anche una fonte di sostentamento,poiché vi poteva beneficiare dei frutti della
terra e degli animali da cacciare.
Nell’antica Grecia, ad esempio, il bosco era visto
nella sua dimensione sacrale e religiosa, in quanto in esso vivevano creature
divine e leggendarie come i Satiri, le Ninfe, o veri e propri dèi, come
Artemide, dea della caccia, Ippolito ed
Atlanta.
Che il bosco sia considerato un luogo
inquietante si deduce poi dalla similitudine che Ulisse riferisce a Polifemo
nell’ Odissea: “ era un mostro
immenso, non somigliava ad un uomo che mangia pane, ma alla cima selvosa
di
altissimi monti, che appare isolata dalla altre “ (trad. di
G.A. Privitera - Odissea XI, vv.
181-192 ). Agli occhi di Odisseo e dell’ uomo comune, dunque, il
gigante Polifemo appare un essere rozzo e isolato dalla civiltà. Questo
paragone ci fa capire la visione greca del rapporto tra natura selvaggia e
umanità civilizzata, in quanto il monte e la foresta rappresentavano l’esatto
contrario della civiltà della polis.
Più tardi, anche i monaci circestensi e benedettini trovavano
nella natura il filo conduttore per ritrovare Dio. Essi individuavano nei territori boschivi i luoghi ideali per
dedicarsi alla preghiere e al lavoro. Il rispetto della natura e delle sue
creature per loro non significava
soltanto osservarla in modo distaccato, ma anche utilizzarla a benificio della
comunità, ricavandone legname cibo e altre risorse.
Altrettanto positiva è la visione di San Francesco, il
quale trovò nella selva il luogo ideale in cui sentirsi vicino a Dio. Egli
infatti
abbandonò ogni bene materiale e si ritirò nei boschi umbri, dove andò a cercare
l’essenzialità della vita. Gli aspetti più sinceri del suo cristianesimo si
sono trovati appunto nel segno dell’amore
di Dio. Un’ esempio di questo amore divino è l’ episodio del lupo di Gubbio: la
tradizione francescana ci ha tramandato la vicenda di un feroce lupo che
terrorizzava la città di Gubbio; l'intervento di Francesco consentì di
concludere una sorta di patto di pace fra il lupo e la città, e l'animale
depose la sua ferocia, mentre i cittadini si impegnarono a nutrirlo ogni
giorno. Secondo la narrazione, il paese si legò così tanto all'animale che,
quando questo morì, i cittadini se ne rattristarono profondamente.
Nel Medioevo il bosco assume tuttavia
indiscutibilmente valore negativo. La foresta infatti veniva identificata come
un luogo oscuro, misterioso e ostile all’ uomo; un luogo di smarrimento, dell’ignoto,
dove non vi erano regole o norme comuni e dove l’ uomo risultava impotente.
Anche nell’ ambito della nostra tradizione letteraria si possono fare diversi
esempi della natura maligna del bosco. Il più immediato e lampante è la “ selva
oscura “ della Divina commedia
dantesca,
che è vista come emblema del peccato
e dello smarrimento morale,della
tentazione e dell’ illusione.
L’ idea della selva come spazio che disorienta e
illude si ripresenta più tardi anche in Ariosto: nell’ Orlando furioso, la foresta incantata si presenta come un vero e
proprio labirinto, in cui i personaggi non riescono mai a trovare ciò che
stanno affannosamente cercando.
Con l’ età pre-umanistica e umanistica la concezione
negativa del bosco viene completamente ribaltata. Infatti, sempre rimanendo in
ambito letterario, Francesco Petrarca vede nella natura un elemento centrale
della sua esistenza. Nel Canzoniere possiamo trovare infatti numerosi
versi in cui il poeta dichiara di trovare sollievo dal suo tormento amoroso
nella natura, e spesso, oltre ad ambientare gli episodi narrati in luoghi
naturali, egli associa i tratti fisici della sua amata ad elementi del paesaggio,
come l’acqua, i rami o l’ erba. Anche altri intellettuali umanisti, basando i
loro studi sull’osservazione diretta della natura, vedevano nel bosco uno
spazio armonioso e incontaminato, pieno di vita.
Tra gli artisti, colui che rappresentò a pieno questo
nuova concezione del mondo naturale fu il pittore Sandro Botticelli, il quale
dipinse la Primavera. Venere è ivi rappresentata
insieme agli altri personaggi in un boschetto ombroso e in piena armonia con
l’ambiente circostante.
L'approccio razionale al concetto di bosco
trovò espressione nel pieno Illuminismo. L'affermarsi della matematica e della
geometria, nonché lo spirito razionalista che contraddistinse il ‘700, si
manifestarono anche quando, alla fine
del secolo, nacquero le scienze forestali, che dovevano
fare chiarezza sui misteri celati nella foresta, sottoponendoli al controllo dell’uomo. La
foresta perse però così il suo fascino, la sua magica suggestione.
Nel secolo successivo, vale a dire durante
il Romanticismo, la natura assunse nuovamente una funzione anti-razionalista,
diventando il luogo dell’ infinito, della ricerca, della contemplazione, in
contrasto con la prosaicità e la corruzione della città e della società.
Dinanzi alla foresta,
quindi, l’ uomo provava un senso di
impotenza, perché sentiva
di non poterne controllare la forza.
Nel novembre del 1859, con la pubblicazione
del saggio “L'origine della specie” di
Darwin, la cultura tradizionale subì un duro colpo. In conseguenza
delle nuove teorie, la foresta rischiò di perdere nuovamente il suo mistero e
di essere spiegabile solo in termini matematici e scientifici.
Con lo sviluppo sociale e demografico,
il bosco è ormai visto soprattutto come un’importante risorsa energetica, in
quanto il legno può essere utilizzato come combustibile, come materiale edile e
come materia prima per produrre la carta. Di qui il processo di disboscamento per
cui gran numero delle foreste presenti sul nostro pianeta sono stata distrutte,
e con esse le specie animali e vegetali che lì avevano creato il loro habitat . L’ uomo nel corso del tempo ha perso così il rispetto della natura, in
quanto non considerata come essere vivente. Ciò è dimostrato dalla consistente
urbanizzazione avvenuta nell’ età moderna, dove numerose foreste e boschi sono stati
sostituiti da grandi metropoli e centri urbani. Un esempio che dimostra questo triste evento
ci viene descritto da Italo Calvino nel suo romanzo Marcovaldo ovvero le stagioni in città. Marcovaldo e i suoi
figlioli, per proteggersi dal freddo
dell’inverno, sono costretti a cercare legna per la stufa, ma questa ricerca
non avviene in un normale bosco; essi ricavano la legna dai cartelli situati
sulla carreggiata dell’autostrada.
Come a dire che, se
l’uomo non cambia la sua visione nei confronti della natura, le generazioni
future vedranno solo boschi di cartelli stradali e non più di alberi.
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