martedì 22 novembre 2011

Sofia di Sarno - Eutanasia e aborto: giusto o sbagliato?



Cosa sono la bioetica e la biogenetica


La bioetica è una disciplina moderna molto recente, che applica la riflessione etica alla scienza ed alla medicina e ha lo scopo di affrontare e valutare anche a livello morale alcuni processi medici, quali il trapianto di organi, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, l’aborto e tanti altri. Essa è necessaria in conseguenza al notevole sviluppo della medicina avvenuto negli ultimi decenni. Ogni nazione ha un proprio codice di bioetica: così ciò che è autorizzato e legale in uno stato potrebbe non esserlo in un altro.


La biogenetica è invece la scienza che studia l’origine della vita e l’evoluzione degli esseri viventi.





L’eutanasia


Tra i processi medici che suscitano maggiori polemiche, nel nostro paese come nel resto del mondo, c’è l’eutanasia, che è da anni causa di polemiche, così come in tutto il mondo, anche nel nostro paese. È infatti celebre il caso di Piergiorgio Welby, malato di distrofia muscolare, che scrisse una lettera al presidente della Repubblica Napolitano, in cui chiedeva d’aver diritto all’eutanasia. In questa lettera egli mostrò peraltro tutto il suo amore per la vita, affermando che per essere chiamata tale, essa debba essere dignitosa, mentre la sua non lo era più, poiché la sua malattia non gli permetteva di eseguire quasi più nessun movimento.


È una lettera commovente che tutti dovrebbero leggere prima di esprimere una qualsiasi opinione riguardo a questo argomento, così da comprendere il dolore e la sofferenza che provano le persone come Piergiorgio Welby e gli altri malati terminali.


Molti invece, specialmente tra i cattolici, credono che l’eutanasia debba rimanere una pratica illegale poiché pone fine al grande dono che è la vita, la quale dovrebbe cessare solo in modo “naturale”. A questa obbiezione rispondeva però Welby nella sua lettera al Presidente:


“Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata?”



E in effetti, vivere in quel modo cos’altro può arrecare se non dolore? E non solo alla persona malata, ma anche a tutti coloro che le stanno intorno e la vedono peggiorare giorno per giorno. Quindi, che cos’è l’eutanasia se non una forma di aiuto ai malati terminali? Essi hanno il diritto di porre fine al loro dolore. Può essere forse punito il malato di depressione che decide di suicidarsi? No, nessuno. Ognuno è libero di fare della propria vita ciò che meglio crede poiché, come scrisse Piergiorgio Welby, “La vita è un diritto, non un obbligo”.





L’aborto


La definizione dell’aborto è “interruzione prematura della gravidanza”. Esistono quindi due tipi di aborto: l’aborto spontaneo e l’aborto provocato. Nel secondo caso, l’operazione si pratica in sede chirurgica o per via chimica.


L’opportunità di interrompere una gravidanza viene valutata in base a moltissimi fattori: in primo luogo la salute della madre, ma si prendono in considerazione anche una violenza subita, condizioni economiche che mettono la gestante in condizione di non terminare la gravidanza, fattori psicologici e genetici (come malattie riscontrabili nel feto già dall’ecografia).


Nella maggior parte dei casi, inoltre, tramite consulto psichiatrico si valutano anche le motivazioni personali e soggettive della donna.


Tenendo conto di tali principi, dal 1978 in Italia è presente la legge 194 sull’aborto, che permette che tale operazione sia eseguita entro le prime 12 settimane di gravidanza. È positivo che esista tale legge, perché precedentemente le donne che volevano abortire erano costrette a farlo con metodi casalinghi e clandestini, mettendo in pericolo la loro stessa vita.


Nonostante sia presente una legge che legalizza la pratica, è comunque acceso il dibattito riguardante l’aborto, specialmente per i cattolici (ma non solo), che ancora una volta non sono favorevoli e lo ritengono omicidio, poiché a loro parere la vita inizia dal momento della fecondazione ed è perciò ingiusto porvi artificialmente.


Un articolo de Il Giornale del 27 aprile 2010 parla di un caso – per la verità non l’unico - in cui il feto estratto dall’utero della madre era vivo e fu lasciato a morire avvolto da delle garze sul lettino d’ospedale, senza che nessun medico o infermiere potesse fare niente.


La domanda da porsi è quindi “è giusto abortire?” Nessuno può dircelo. Molte donne sono “costrette” a farlo, perché non potrebbero mantenere economicamente il proprio bambino; altre ancora lo fanno perché sono troppo giovani per diventare madri. Esistono però orfanotrofi che potrebbero prendersi cura dei bambini se le loro madri non volessero farlo. Infatti, altre donne non possono avere figli perché sterili: coloro che ne hanno la possibilità, con che coraggio decidono quindi di abortire?


Non si può tuttavia negare che l’aborto non sia un’operazione indispensabile in casi estremi, in cui il feto è malato o in cui la madre rischierebbe la vita portando avanti la gravidanza. In tutti gli altri casi c’è forse una seconda scelta che non è quella di interrompere la gravidanza.




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