Cosa sono la bioetica e la biogenetica
La bioetica è una disciplina moderna molto recente,
che applica la riflessione etica alla scienza ed alla medicina e ha lo scopo di
affrontare e valutare anche a livello morale alcuni processi medici, quali il
trapianto di organi, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, l’aborto e tanti
altri. Essa è necessaria in conseguenza al notevole sviluppo della medicina
avvenuto negli ultimi decenni. Ogni nazione ha un proprio codice di bioetica:
così ciò che è autorizzato e legale in uno stato potrebbe non esserlo in un
altro.
La
biogenetica è invece la scienza che studia l’origine della vita e l’evoluzione
degli esseri viventi.
L’eutanasia
Tra i processi medici che suscitano maggiori polemiche, nel
nostro paese come nel resto del mondo, c’è l’eutanasia, che è da anni causa di
polemiche, così come in tutto il mondo, anche nel nostro paese. È infatti
celebre il caso di Piergiorgio Welby, malato di distrofia muscolare, che scrisse
una lettera al presidente della Repubblica Napolitano, in cui chiedeva d’aver
diritto all’eutanasia. In questa lettera egli mostrò peraltro tutto il suo
amore per la vita, affermando che per essere chiamata tale, essa debba essere
dignitosa, mentre la sua non lo era più, poiché la sua malattia non gli
permetteva di eseguire quasi più nessun movimento.
È
una lettera commovente che tutti dovrebbero leggere prima di esprimere una
qualsiasi opinione riguardo a questo argomento, così da comprendere il dolore e
la sofferenza che provano le persone come Piergiorgio Welby e gli altri malati
terminali.
Molti
invece, specialmente tra i cattolici, credono che l’eutanasia debba rimanere
una pratica illegale poiché pone fine al grande dono che è la vita, la quale
dovrebbe cessare solo in modo “naturale”. A questa obbiezione rispondeva però
Welby nella sua lettera al Presidente:
“Ma
che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di
naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e
proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa
che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto
biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali,
alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale
artificiale, morte-artificialmente-rimandata?”
E
in effetti, vivere in quel modo cos’altro può arrecare se non dolore? E non
solo alla persona malata, ma anche a tutti coloro che le stanno intorno e la
vedono peggiorare giorno per giorno. Quindi, che cos’è l’eutanasia se non una
forma di aiuto ai malati terminali? Essi hanno il diritto di porre fine al loro dolore. Può essere forse punito il
malato di depressione che decide di suicidarsi? No, nessuno. Ognuno è libero di
fare della propria vita ciò che meglio crede poiché, come scrisse Piergiorgio
Welby, “La vita è un diritto, non un obbligo”.
L’aborto
La definizione dell’aborto è “interruzione prematura della
gravidanza”. Esistono quindi due tipi di aborto: l’aborto spontaneo e l’aborto
provocato. Nel secondo caso, l’operazione si pratica in sede chirurgica o per
via chimica.
L’opportunità di
interrompere una gravidanza viene valutata in base a moltissimi fattori: in primo luogo
la salute della madre, ma si prendono in considerazione anche una violenza
subita, condizioni economiche che mettono la gestante in condizione di non
terminare la gravidanza, fattori psicologici e genetici (come malattie
riscontrabili nel feto già dall’ecografia).
Nella maggior parte
dei casi, inoltre, tramite consulto psichiatrico si valutano anche le
motivazioni personali e soggettive della donna.
Tenendo
conto di tali principi, dal 1978 in Italia è presente la legge 194 sull’aborto,
che permette che tale operazione sia eseguita entro le prime 12 settimane di
gravidanza. È positivo che esista tale legge, perché precedentemente le donne
che volevano abortire erano costrette a farlo con metodi casalinghi e
clandestini, mettendo in pericolo la loro stessa vita.
Nonostante
sia presente una legge che legalizza la pratica, è comunque acceso il dibattito
riguardante l’aborto, specialmente per i cattolici (ma non solo), che ancora
una volta non sono favorevoli e lo ritengono omicidio, poiché a loro parere la
vita inizia dal momento della fecondazione ed è perciò ingiusto porvi artificialmente.
Un
articolo de Il Giornale del 27 aprile 2010 parla di un caso – per la verità non
l’unico - in cui il feto estratto dall’utero della madre era vivo e fu lasciato
a morire avvolto da delle garze sul lettino d’ospedale, senza che nessun medico
o infermiere potesse fare niente.
La
domanda da porsi è quindi “è giusto abortire?” Nessuno può dircelo. Molte donne
sono “costrette” a farlo, perché non potrebbero mantenere economicamente il
proprio bambino; altre ancora lo fanno perché sono troppo giovani per diventare
madri. Esistono però orfanotrofi che potrebbero prendersi cura dei bambini se
le loro madri non volessero farlo. Infatti, altre donne non possono avere figli
perché sterili: coloro che ne hanno la possibilità, con che coraggio decidono quindi
di abortire?
Non
si può tuttavia negare che l’aborto non sia un’operazione indispensabile in
casi estremi, in cui il feto è malato o in cui la madre rischierebbe la vita
portando avanti la gravidanza. In tutti gli altri casi c’è forse una seconda
scelta che non è quella di interrompere la gravidanza.
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