martedì 21 febbraio 2012

MASSIMILIANO PETRASEK - Recensione: Il vecchio che leggeva romanzi d'amore di Luis Sepùlveda



Il romanzo “il vecchio che leggeva i romanzi d’amore” è un romanzo d‘avventura ambientato nella foresta amazzonica. 
Ho trovato il libro abbastanza interessante e di facile lettura . Ciò che mi ha colpito principalmente è stato il confronto tra la società degli indigeni, gli Shuar, e la civiltà moderna rappresentata dai gringos, un gruppo di bracconieri e uomini senza scrupoli nei confronti della natura. 
Il protagonista del romanzo è un vecchio di nome Josè Antonio Bolivar, un occidentale che però prova per la terra in cui vive un grande senso di amore e rispetto, come solo gli Shuar possono avere. La figura di Antonio contrasta con quella del grasso sindaco che Sepùlveda non chiama mai per nome, ma solo col nomignolo di Lumaca, che ben descrive i sentimenti ch'egli provoca. 
In effetti, i protagonisti del romanzo sono fissi: non cambiano quindi pressoché mai il loro carattere e il oro modo di agire, sicché anche il giudizio dello scrittore nei loro riguardi risulta costante, ora nella “simpatia”, ora nell'“antipatia”. 
Il vecchio protagonista è dunque, come si accennava, un occidentale, che però ha nutrito il desiderio di vivere come un indigeno. Ben presto tuttavia questo sogno si spezza, in quanto Antonio si accorge che la sua mentalità e i suoi rapporti con la natura sono ben diversi da quelli dei nativi dell'Amazzonia. 
Un'episodio che ben rappresenta questa sua non reale appartenenza agli Shuar avviene quando per caso uccide una bestia feroce con un fucile: un gesto apparentemente di poco valore, ma per gli Shuar molto grave, perché per loro sarebbe accettabile solo se compiuto con le proprie mani o con un pugnale. Sepùlveda, per descrivere il distacco tra Antonio e gli indigeni, usa poche parole, ma di grande espressività: “Era come loro ma non era uno di loro“. 
Un‘altra parte del libro che mi ha colpito è stata la fine, quando il vecchio spara al tigrillo che costituiva una minaccia per i suoi compaesani e lo uccide: infatti, Antonio dopo aver ucciso l‘animale non si sente affatto vincitore; anzi si sente sconfitto e prova un grande senso di amarezza, sia perché ancora una volta ha usato l’arma che è stata la principale causa del suo allontanamento dagli Shuar, sia perché a voler uccidere l’animale non è stato lui, ma il sindaco e i Gringos. 
Sepulveda nei confronti del vecchio protagonista prova in conclusione un grande senso di ammirazione e rispetto, come testimoniano anche le ultime parole del romanzo: «Il vecchio la accarezzò ignorando il dolore del piede ferito e pianse di vergogna, sentendosi indegno, umiliato, in nessun caso vincitore di quella battaglia».

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