venerdì 20 aprile 2012

ELEONORA FERRI - L. Sepùlveda, Il vecchio che leggeva romanzi d'amore: la bellezza delle cose, la bellezza delle parole


L’amore per la lettura

Questo brano riporta il dialogo fra il protagonista del libro, Antonio Josè Bolivar e un ecclesiastico, sbarcato a El Idilio per volontà delle autorità religiose con il compiti di battezzare i bambini e di mettere fine ai concubinati. 

Il religioso aspetta per tre giorni che qualcuno sia disposto a portarlo nei piccoli villaggi ma, vista l’indifferenza degli abitanti, decide di tornare a casa. Mentre aspetta la barca, tira fuori dalla tasca un libro, immediatamente notato dal protagonista.
Questo episodio spiega l’interesse e la passione che egli ha per la lettura, nonostante le difficoltà che incontra nel praticare questa attività, che per lui è diventata una fuga dalla realtà.
Il frate enfatizzava le parole accarezzando la rovinata copertina di cartone. Antonio Josè Bolivar lo guardava affascinato, sentendosi pungere dall’invidia.
“Ha letto molti libri?”
“Un certo numero. Prima, quando ero ancora giovane e non mi si stancavano gli occhi, divoravo ogni opera che mi capitava fra le mani.”
“Tutti i libri parlano di santi?”
“No. Nel mondo ci sono milioni e milioni di libri. Sono in tutte le lingue e toccano tutti i temi, compresi alcuni che dovrebbero essere vietati agli uomini” 

Antonio Josè Bolivar non capì quella censura, e rimase con gli occhi inchiodati sulle mani del frate, grassocce, bianche, sulla copertina scura.
“Di che parlano gli altri libri?”
“Te l’ho detto. Di tutti gli argomenti. Ce ne sono di avventure, di scienza, storie di esseri virtuosi, di tecnica, di amore…”
L’ultimo caso lo interessò. Dell’amore sapeva quello che dicevano le canzoni, specialmente i ballabili cantati da Julito Jaramillo, la cui voce di guyaquilegno povero sfuggiva a volta da una radio a pile rendendo taciturni gli uomini. Secondo i ballabili, l’amore era come la puntura di un tafano invisibile, ma ricercato da tutti.
“Come sono questi libri di amore?”
“Di questo temo di non poterti parlare, Ne ho letti appena un paio.”
“Non importa. Come sono?”
“Be’, raccontano la storia di due persone che si incontrano, si amano e lottano per vincere le difficoltà che impediscono loro di essere felici.”
Il richiamo del Sucre annunciò il momento di salpare e lui non osò chiedere al frate di lasciargli il libro. L’unica cosa che gli lasciò fu un maggiore desiderio di leggere.


Antonio e la società occidentale

Il brano che segue racconta come Antonio Josè Bolivar sia totalmente estraneo alla società occidentale e come ami dedicare il suo tempo libero ai romanzi d’amore. Non è mai stato nelle grandi città europee e deve sforzarsi per riuscire a immaginare la loro modernità e grandezza. Viene dimostrato anche indirettamente il suo grande amore per la natura affermando che per lui è incomprensibile e imperdonabile che i personaggi dei libri che legge non si curino di poterla sporcare e rovinare. 

Antonio Josè Bolivar Proano dormiva poco. Al massimo cinque ore per notte, più due alla siesta. Gli bastavano. Il resto del tempo lo dedicava ai romanzi, a divagare sui misteri dell’amore e a immaginare i luoghi dove erano ambientate le storie.
Quando leggeva di città chiamate Parigi, Londra o Ginevra, doveva compiere un enorme sforzo di concentrazione per riuscire a immaginarle. Solo una volta aveva visitato una grande città, Ibarra, di cui ricordava vagamente le strade col selciato, gli isolati di case basse, simili una all’altra, tutte bianche, e la Plaza de Armas piena di gente che passeggiava davanti alla cattedrale.
Era questo il suo maggiore riferimento riguardo al mondo, e quando leggeva le vicende ambientate in città dai nomi seri e lontani, come Praga o Barcellona, gli pareva che Ibarra, col suo nome, non fosse una città adatta ai grandi amori. (….)
Ma soprattutto gli piaceva immaginare la neve. L’aveva vista, da bambino, come una pelliccia d’agnello distesa a seccare sui bordi del vulcano Imbabura, e a volte gli sembrava una stravaganza imperdonabile che i personaggi dei romanzi la calpestassero senza preoccuparsi di insudiciarla.


La bellezza delle parole 

Il brano seguente spiega l’impegno e la passione che il protagonista dedica alla lettura. Per lui leggere è un bene prezioso, una compagnia per la sua vita solitaria, distrutta in seguito alla morte della moglie. Tutto ciò che gli è più caro e indispensabile per la sua esistenza sono infatti due cose banali a cui molti non attribuiscono la giusta importanza: la dentiera e la lente di ingrandimento. 

Antonio Josè Bolivar sapeva leggere, ma non scrivere.
Al massimo riusciva a scarabocchiare il suo nome quando doveva firmare qualche documento, per esempio in periodi di elezioni, ma avvenimenti del genere si presentavano così sporadicamente che lo aveva quasi dimenticato.
Leggeva lentamente, mettendo insieme le sillabe, mormorandole a mezza voce come se le assaporasse, e quando dominava tutta quanta la parola, la ripeteva di seguito. Poi faceva lo stesso con la frase completa, e così si impadroniva dei sentimenti e delle idee plasmati sulle pagine.
Quando un passaggio gli piaceva particolarmente lo ripeteva molte volte, tutte quelle che considerava necessarie per scoprire quanto poteva essere bello anche il linguaggio umano.
Leggeva con l’aiuto della lente di ingrandimento, il secondo suo più caro avere. Il primo era la dentiera.

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